Per la 55^ edizione del Grappolo d’Oro (ed i 50 anni della Pro Loco)
a cura del Dott. Roberto Domenichini – Direttore dell’Archivio di Stato di Pesaro
È difficile rintracciare quelle che si possono definire le origini delle sagre o feste dell’uva e del vino in Italia. Secondo alcuni studiosi le moderne feste si collegherebbero addirittura agli antichi “riti” pagani del mondo romano che celebravano la raccolta dei grappoli ed il vino. Si pensi, ad esempio, alle vinalia ed alle stesse baccanali. Personalmente ritengo non sia il caso di operare collegamenti così remoti e storicamente incerti. Molto più fondata appare la tesi che collega i primi “riti” della vendemmia con la diffusione “su larga scala” della viticultura, che nelle nostre zone inizia ad essere attestata su ampie parti del territorio dal secolo XVIII, come dimostrano i nostri catasti dell’epoca.
Nell’Ottocento, poi, aumentano sia i vigneti a coltura intensiva sia le produzioni dell’uva e del vino e questo finisce per diventare la bevanda più diffusa specie tra le classi sociali più umili.
Che la vendemmia autunnale e la produzione del vino fossero sentite e vissute come un particolare momento di gioia ed allegria, è testimoniato indirettamente anche dal fatto che prima dell’Unità d’Italia, nello Stato pontificio, le vacanze degli scolari generalmente non iniziavano alla fine della primavera e neppure in estate, bensì all’inizio dell’autunno, quando nelle nostre campagne, allora non interessate dai cambiamenti climatici dell’oggi, iniziavano la vendemmia e la pigiatura. Pertanto, si può sostenere che all’epoca, sebbene non ci fossero feste specifiche, tuttavia di certo la vendemmia, e le operazioni ad essa seguenti erano vissute come momento d’allegria e di gioia, quasi una sorta di festa del raccolto ed una dimostrazione della fecondità della terra.
Dopo l’Unificazione, poi, dal tardo Ottocento, un forte impulso alla produzione vitivinicola ed al miglioramento dei vitigni viene dato, nelle nostre zone, anche dall’arrivo dei “Piemontesi”; si pensi agli stessi Scarfiotti e, soprattutto, ai Casalis-Douhet, i quali sperimentano ed introducono nuovi vitigni; questi forestieri, poi, vengono imitati da talune nobili famiglie locali, come i Bonaccorsi ed i Compagnoni Marefoschi, proprietarie di numerosi terreni e generalmente aperte alle innovazioni. Al proposito è il caso di ricordare il conte Prospero Compagnoni M., a lungo impegnato a migliorare i suoi vitigni, che ai primi del Novecento inizia ad esportare il suo vino oltralpe, persino in Inghilterra.
L’interesse per il settore vitivinicolo coinvolge tuttavia molti produttori della Penisola; non meraviglia dunque che nel primo Novecento, dopo la grande guerra, si organizzino feste e sagre dell’uva e del vino in vari centri d’Italia, incluse le Marche, allo scopo di promuovere i vini prodotti in loco. Ed è pure ben noto che in epoca fascista (1930) viene istituita la “festa nazionale dell’uva” allo scopo di “diffondere il consumo dell’uva” e, probabilmente, anche quello del vino (prodotto in gran quantità nella Penisola), del quale si esaltavano anche le proprietà benefiche (purché consumato in dosi moderate). Ma a Potenza Picena l’idea di dar vita ad una vera e propria festa, quella del Grappolo d’oro, col fine di rievocare e far rivivere tradizioni del passato da una parte e, dall’altra, di promuovere prodotti locali, non sorge in questo periodo, bensì nel secondo dopoguerra. Significativamente la prima festa (1955) viene “celebrata” pochi anni dopo il noto censimento della popolazione italiana del 1951, che fotografa ed attesta, per la prima volta, il maggior numero (il cosiddetto “sorpasso”) degli addetti all’industria ed al terziario, rispetto agli addetti al settore agricolo. Erano già avviati dunque, in quegli anni, quei processi di abbandono delle campagne e di urbanizzazione sui quali molto si è scritto. Sebbene tali mutamenti sociali siano stati piuttosto lenti nella nostra area, tuttavia già a metà degli anni Cinquanta i sintomi del cosiddetto processo di industrializzazione si avvertono chiaramente: alcuni artigiani, che praticano mestieri tradizionali si trasferiscono al Porto, si assiste al progressivo superamento dei contratti di mezzadria ed aumentano i contadini che lasciano “la terra”. Una riprova di ciò si ha pure nella sostenuta crescita, in quegli anni, di Porto Potenza Picena, cittadina a maggior vocazione industriale, commerciale e turistica.
Alla luce di ciò, è probabile che, al di là di motivazioni contingenti, l’idea della festa del Grappolo d’oro affondi le sue radici proprio nella volontà, in quel momento, di far rivivere, attraverso la festa, i carri, i tipici balli ed i costumi del passato, tradizioni antiche e finanche le stesse atmosfere del passato, momenti di vita “tradizionali” che, in quella fase di cambiamenti si correva il rischio di perdere, forse per sempre. Sembra infatti prevalere, in tutte le prime edizioni del Grappolo d’oro il recupero della tradizione e si ha la netta sensazione che sia stato proprio il folklore il principale protagonista di quasi tutte le edizioni degli anni Cinquanta e Sessanta. Vanno proprio in questa direzione sia i tipi di complessi invitati all’epoca sia la stessa idea di “affiancare” a quella dell’uva la sagra dei piselli (maggio 1959), che avrà 6 edizioni consecutive. Significativamente, in una pubblicazione del 1961, si riferisce che durante la sagra dei piselli si fanno soprattutto gare di saltarello.
Nell’ambito della riproposizione dei valori tradizionali della cultura contadina non può mancare, neppure nella festa, il momento religioso: la benedizione del parroco e la celebrazione eucaristica, momenti che però sembrerebbero in netto contrasto col cosiddetto “annuncio di Bacco”, il quale, nella mitologia classica pagana rappresenta il dio della vendemmia e del vino ed evoca i noti “baccanali”. Ma nell’ambiente potentino il tutto viene rivisitato in chiave popolaresca e quasi ludica, perdendo così, il Bacco potentino, i classici riferimenti ai riti orgiastici del culto dionisiaco.
È stato scritto che dopo gli anni Sessanta “la magica rassegna del grappolo d’oro” si interrompe, un silenzio che durerà circa sei anni. Secondo alcuni, ragioni di natura economica o contrasti tra gli organizzatori sarebbero state alla base di questa lunga interruzione. Ma è probabile che negli anni successivi al cosiddetto “mitico” ’68 anche il comune sentire della popolazione fosse mutato. Chi scrive ricorda che termini quali tradizione, passato, conservazione di valori, etc. allora non erano più di moda e mal si conciliavano con quello spirito di contestazione che ormai aveva pervaso larghi strati della società del tempo. Tutto questo non poteva non influire negativamente su una festa particolare come quella del Grappolo d’oro, che in questi anni sembra non trovi sostegno neppure nell’Amministrazione comunale, che pure attraversa momenti di instabilità.
La ripresa (a partire dal 1977) è stata resa possibile da mutamenti avvenuti sia nell’Amministrazione comunale sia nel vertice della pro Loco, ma si ha la sensazione che essa sia stata trainata da privati, dai locali produttori vitivinicoli che hanno inteso, anche attraverso la festa, far conoscere i prodotti del territorio. Tutti ricordano, ad esempio, il conte Carlo Lazzarini, già presidente del Consorzio per la tutela del Rosso piceno, noto per il suo attivismo, un’energia operosa, la sua, che sembra aver positivamente contagiato anche presidenti della pro Loco di quegli anni come l’attivissimo Carlo Strovegli.
Che la ripresa degli anni Settanta-Ottanta nasca primariamente dall’impegno di far conoscere prodotti (vini) locali, è dimostrato anche dalle importanti innovazioni introdotte in quegli anni, prime fra tutte, i convegni sul vino e, in seguito, più in generale, sui prodotti enogastronomici del territorio. Ad essi sono invitati a partecipare nomi di indubbio prestigio (noi, per ragioni si spazio, ricordiamo solo quello del giornalista, gastronomo e scrittore Vincenzo Buonassisi, che diventerà anche un “amico” del Grappolo d’oro potentino). Siccome poi, il percorso dalla discussione o dibattito (sui cibi ed i vini) alla pratica spesso è breve, a metà degli anni Ottanta nascono i “piatti delle vergare”, testimoni della ricchezza e varietà della cucina popolare. Concorrono ad accrescere il livello, per così dire, “culturale” ormai raggiunto dalla manifestazione, anche le mostre d’arte contemporanea, che vedono la partecipazione di artisti non solo locali.
Gli anni Novanta, al contrario dei precedenti, non paiono ricchi di importanti novità. Si ha quasi l’impressione che, in quel decennio, si sia voluto “capitalizzare” le acquisizioni o i progressi precedenti. Si ha, tuttavia, anche la sensazione che nelle varie edizioni di questi anni (a volte, purtroppo, anche guastate in parte dal cattivo tempo) si sia voluto puntare più sul folklore e sul recupero delle tradizioni rispetto al recente passato. Molto numerosi sono infatti i gruppi folkloristici, italiani e non, invitati in questi anni, mentre tra gli ospiti spicca la presenza dell’attore maceratese Silvio Spaccesi (1995). Ancora a proposito di ospiti, si ricorda in questi anni la presenza di attori comici “di grido”, invitati allo scopo, in buona parte riuscito, di avvicinare al Grappolo d’oro parte del numeroso “popolo della televisione”.
La novità più rilevante degli ultimi anni viene introdotta, dietro suggerimento del gruppo di giovani della pro Loco guidati da Giuseppe Castagna, nel 2000, quando inizia l’esperienza delle cosiddette notti bianche o “notti d’oro”, in onore del nostro Grappolo. A dir il vero il sabato precedente il giorno della sfilata era stato sempre animato da cene nei vari rioni del vecchio centro storico e da qualche spettacolo. Ma le “notti d’oro”, con l’introduzione di spettacoli di artisti di strada, giocolieri, acrobati, funamboli, compagnie teatrali, musicisti di vari generi, poeti, clowns e marionette, sono qualcosa di diverso e contribuiscono ad immergere il centro storico potentino in un’atmosfera particolare, a tratti medievaleggiante, apprezzata molto dai giovani, che numerosi accorrono da varie località. L’esperienza ha avuto e continua a riscuotere molto successo perché essa sembra rispondere alle mutate aspirazioni o esigenze di divertimento delle nuove generazioni. Il successo è stato così convincente che nel 2010 le “Notti d’oro” sono di fatto raddoppiate in quanto alcune manifestazioni serali sono anticipate anche al venerdì precedente, mentre nuove iniziative quali le cene nella Cappella dei contadini (dal 2003) ed il “Carginello d’oro” (dal 2005) appaiono quasi manifestazioni di contorno, destinate più ai potentini che ai “forestieri”. Questi ultimi comunque sembrano gradire anche le sfilate dei carri della domenica, dimostrando di apprezzare il continuo forzo dei carristi di proporre temi, scenografie, costumi musiche e coreografie sempre nuovi.
Vero è che, come la società muta rapidamente, cambiano pure i gusti e le esigenze della gente. Di questo non possono non tener conto gli organizzatori del Grappolo d’oro. E se il compito dello storico è quello di non far cadere nell’oblio e nella dimenticanza le vicende e le preziose esperienze del passato, l’impegno ben più arduo degli amministratori pubblici e, soprattutto, dei responsabili della pro Loco è quello di traghettare il nostro Grappolo d’oro verso mete impareggiabili, tenendo conto delle mutevoli esigenze della società e del pubblico. Il compito, ripeto, è difficile e gravoso, ma si è certi che non mancano tra i responsabili di cui sopra l’impegno, la dedizione e la competenza, doti queste che costituiscono la più solida garanzia per il migliore futuro del Grappolo d’oro potentino.
Articolo tratto dall’opuscolo della 55ª Edizione del Grappolo d’Oro a cura della Pro Loco di Potenza Picena.