Ricordo di un pastore umile e buono
a cura di don Andrea Bezzini
Si è spento nella notte del 31 agosto, dell’ormai scorso anno, don Primo Pennacchioni che ha retto l’allora parrocchia di Santo Stefano (Collegiata) nel decennio 1978 – 1988. Era nato a Morrovalle il 21 gennaio del 1940 ed era stato ordinato sacerdote il 19 marzo -solennità di San Giuseppe- del 1966. Mi ha colpito da subito il suo andarsene “nella notte” cogliendo di sorpresa anche noi sacerdoti che eravamo poco informati sulle sue reali condizioni di salute: il dettaglio notturno da una parte mi ha riportato alle parole di Gesù – come un ladro di notte il Signore verrà (Mt 24, 37-44) – e dall’altra mi ha ricordato lo stile che ha sempre contrassegnato il ministero di don Primo, semplice e umile, lontano da qualunque ricerca di visibilità. Chi lo ha conosciuto non può che ricordarne la mitezza e la bontà d’animo unite alla continua disponibilità: spesso mi sento dire tuttora dai parrocchiani di Potenza Picena che bastava entrare in Collegiata per trovarci sempre don Primo, indaffarato a sistemare, inginocchiato in preghiera con il rosario tra le mani o con un libro sul quale preparava le sue omelie. Il decennio trascorso in questa parrocchia è stato per lui particolarmente pesante: ha dovuto per alcuni anni convivere con il predecessore, mons. Giacomo Fortunati, di cui ha anche raccolto la non facile eredità e sembra che don Primo fosse stato inviato qui proprio per rasserenare gli animi e recuperare un legame con le persone attraverso il suo modo affabile e cortese. In quegli anni poi erano ancora molto attivi tutti i monasteri e i conventi della parrocchia – Benedettine, Clarisse, Minori, Cappuccini e Figlie dell’Addolorata – realtà con le quali l’azione pastorale doveva rapportarsi: don Primo fu indubbiamente capace di rispettare le singole realtà e di avviare forme di collaborazione significativa e quasi inedite quali, ad esempio, i campiscuola organizzati con i Cappuccini e la collaborazione con l’indimenticato p. Leandro. D’altra parte, con il passare degli anni, lo stesso don Primo si rese conto di non essere in grado di reggere questa complessa realtà e sopratutto di promuovere la centralità della parrocchia pur nel rispetto della specificità dei singoli conventi e monasteri: per questo lui stesso, con una lettera autografa, chiese all’arcivescovo, mons. Cleto Bellucci, di essere trasferito in una comunità meno difficile da gestire e numericamente più piccola. La sua richiesta fu accolta ed arrivò il trasferimento a Petritoli dove è rimasto fino alla morte: qui ha portato avanti il suo stile pastorale improntato alla tradizione, alla disponibilità, al dialogo e alle relazioni personali puntando in particolar modo sulla dimensione caritativa e sensibilizzando la sua comunità verso i problemi del Terzo Mondo.
L’occasione gli è stata offerta provvidenzialmente dalla collaborazione iniziata nel 1996 con un sacerdote del Camerun che si trovava in Italia per motivi di studio: aveva trovato a Petritoli la pronta accoglienza di don Primo per un aiuto nei periodi pastoralmente e liturgicamente più intensi. Si trattava di p. Sosthene Bayemi Matjei, della diocesi di Eseka, dal 2010 vescovo di Obala: da allora la collaborazione e l’amicizia si sono accresciute e anche lo scorso maggio il vescovo è stato ospite per alcuni giorni a Petritoli. Don Primo era già ammalato, aveva scoperto il tumore nel mese di marzo e avrebbe lasciato in silenzio la parrocchia il successivo giugno, alternando da quel momento i ricoveri in varie case di cura e in seminario.
L’arcivescovo di Fermo, mons. Luigi Conti, ha celebrato le esequie nel pomeriggio del 1 settembre coadiuvato da una sessantina di sacerdoti: la salma riposa nel cimitero di Civitanova Alta.