Argentina… ritornano
a cura di Silvio Hodach
Circa ottant’anni fa Edmondo De Amicis scriveva il suo capolavoro, destinato ad avvincere e commuovere intere generazioni di fanciulli. Ricordo che quando anch’io lo lessi da ragazzo, fu soprattutto il racconto “Dagli Appennini alle Ande” quello che mi commosse di più e confesso che continua a commuovermi ancora oggi, quando lo leggo ai miei scolari.
Chi non ricorda infatti, le mille avventure del coraggioso piccolo Marco che si reca da solo in Argentina per ritrovare la madre gravemente ammalata?
Ora, proprio perchè il racconto ha tra i suoi protagonisti una donna italiana emigrata in Argentina, mi vien fatto di accostarlo idealmente all’organizzazione che, sotto il nome quanto mai significativo di “Dalle Ande agli Appennini”, sta preparando in questo periodo il ritorno in patria dei potentini emigrati in quelle terre, tanto lontane geograficamente quanto vicine spiritualmente. E questo accostamento, che a prima vista potrebbe sembrare un po’ strano, mi aiuta a riandare con la memoria ai nomi di Buenos Aires, Cordova, Rosario, Tucuman; a quei nomi, cioè, che quella volta mi rimasero impressi solo perchè messi in relazione alle avventure dell’intrepido ragazzo genovese, ma che ora avvincono il mio interesse perchè posso considerarli da un punto di vista diverso. Insomma, vedo realizzarsi oggi in questi nomi le vaporose immaginazioni che mi suggeriva allora la lettura di quel racconto; vedo oggi queste città in funzione della reale importanza che rivestono nel Paese di cui sono parte integrante. Se allora, con la mia mente di ragazzo, consideravo l’Argentina un paese vacuo, lontano, importante solo perchè in grado di conoscerla nella sua realtà, nella sua vitalità; e ne sono ammirato!
Queste considerazioni, anche se del tutto personali, mi spingono a far soffermare un momento l’attenzione di chi mi sta leggendo sul significato dell’iniziativa dei nostri emigrati, che sta sommovendo, in un certo senso, la tranquillità della nostra cittadina.
Essi ritornano, è vero, ma qual’è il reale significato del loro ritorno?
Chi per tanti anni è vissuto lontano dal suo luogo natale non può non desiderare di rivedere le care persone che un giorno gli furono vicine, di rientrare con commozione nella chiesa ove fu battezzato, di ritrovare i luoghi che videro i suoi giochi infantili; di riabbracciare idealmente, con la propria città, la Patria intera.
Tutto questo potrebbe già essere più che sufficiente a farci spiegare il loro ritorno ed a prepararci a porgere loro quella fraterna accoglienza che desiderano e meritano.
Ma il viaggio che i nostri emigrati faranno tra alcuni mesi ha anche e soprattutto, un altro significato, che non deve esser perso di vista proprio perchè è di gran lunga il più importante: essi vengono ad erigere nella nostra e loro città un monumento all’Argentina, un segno tangibile, cioè, della loro riconoscenza verso quella grande Repubblica che, come una seconda patria, li accolse un giorno offrendo loro un’esistenza serena in cambio del loro, sapiente e tenace lavoro; verso quella nobile Nazione che seppe dare ai loro figli la medesima protezione che riservava ai figli suoi. Essi, pur mantenendo viva nel petto la fiamma d’italianità che portarono seco il giorno in cui lasciarono il suolo della Patria, sentono di doversi dimostrare grati al popolo argentino che, senza distinzioni di sorta, ha voluto considerarli fratelli prima che stranieri. Essi amano ancora e più d’ogni altra cosa, evidentemente, la terra di Dante, di Garibaldi, e di Mazzini, ma non possono non amare anche quella di Belgrano, Moreno e La Prida. Di questo duplice amore si servono per affratellare ancor di più, se possibile, i due popoli, e per questo vengono a celebrare proprio nella Patria d’origine il 150° anniversario della fondazione della loro patria di adozione. Alla base di questa iniziativa che fa ancora una volta onore alla tradizione italiana c’è, dunque, un movente che potrà essere qualificato solo dall’aggettivo che ciascun lettore saprà trovare nel proprio animo quando avrà considerato che tutta l’organizzazione tende ad esprimere un segno di riconoscenza alla seconda patria insieme ad un atto d’amore verso la patria vera. E’ questo, un nuovo pilastro che si vuole aggiungere al ponte che già solidamente lega il popolo italiano e quello argentino; è un nuovo mattone con cui si vuol rafforzare l’edificio (in verità ancor barcollante) della coesistenza pacifica tra i popoli.
L’Italia e l’Argentina sono due nazioni necessariamente amiche: le accomuna la stessa origine neolatina, le stesse lotte per la propria indipendenza, le stesse aspirazioni nazionali ed internazionali, le stesse prospettive di sviluppo basate sull’instancabile attività dei loro popoli; ed ora sono proprio quegli Italiani, che portarono oltre Oceano il loro lavoro, a voler esprimere in patria, con un monumento all’Argentina, questo sentimento di fraternità che essi sono in grado di vivere meglio di chiunque altro.
Si comprende quindi come tutta 1’organizzazione, che prevede anche manifestazioni di carattere religioso, artistico e culturale tendenti a rendere ancor più concreta questa fusione, acquisti una portata internazionale, il cui merito maggiore sarà senza dubbio dei nostri concittadini che l’hanno ideata, ma alla cui realizzazione tutta la cittadinanza potentina è chiamata a collaborare, se non altro per mezzo delle manifestazioni di affetto che saprà offrire a chi torna non solo per rivedere la Patria, ma soprattutto per lasciarci materialmente un messaggio e un esempio, i quali ci dimostrano che, in fondo, abbassare le barriere internazionali non è poi cosi difficile come qualcuno ancora crede.
Articolo tratto dalla rivista “Il Faro” del Piccolo Cenacolo Francescano di Potenza Picena Anno I n.II, 1965