I Mancini (Catillo) una famiglia di facocchi di Potenza Picena tra Ottocento e Novecento.
Il baroccio (nelle Marche chiamato biroccio o viroccio in dialetto santese), è stato per molto tempo nelle nostre campagne l’unico mezzo di carico e trasporto.
La più importante famiglia di costruttori di birocci di Potenza Picena, che nell’Ottocento venivano chiamati facocchi, è stata quella dei Mancini, detti “Catillo”. Già nel primo censimento del 1861 Nicola Mancini, figlio di Stefano, con i suoi figli Luigi, Saverio e Telesforo, avevano il loro laboratorio per costruire birocci in Porta Girola n° 160. In quel periodo vi erano anche altri facocchi, come i Lanciani, Giovanni ed Ilario, e Benedetto Menghini.
il biroccio maceratese – Tratto da Rivista Marchigiana Illustrata anno V° Maggio 1908 n° 5.
Luigi Mancini ha poi proseguito l’attività della famiglia, sempre nella stessa bottega artigiana di Via Vittorio Veneto. Nel Novecento abbiamo avuto altre famiglie di carradori (come venivano chiamati in quel periodo i facocchi), come i Chiatti, Giovanni e il figlio Girio, e i Carestia, Antonio, Ninì de Mimo, e i figli Igino, molto bravo a dipingere i birocci, e Clito, emigrato giovanissimo in Argentina.
Ritornando alla famiglia Mancini, gli ultimi facocchi sono stati Armando, Alfonso e Ismaele, figli di Luigi. Alfonso ed Ismaele dipingevano anche i birocci, mettendo a frutto quanto appreso per aver frequentato la Scuola d’Arte “Ambrogio della Robbia” di Potenza Picena, diretta dal prof. Umberto Boccabianca.
La famiglia Mancini possiede ancora un bellissimo biroccio, conservato amorevolmente dalla sig.ra Giuliana Giustozzi, moglie di Mauro Mancini, costruito nel 1930 per conto del proprietario-committente Domenico Galassi di Potenza Picena.
È veramente molto bello, ben conservato sia nelle parti lignee che in quelle decorative. In particolare le decorazioni sono molto interessanti: vi è sul davanti del biroccio una bellissima raffigurazione di S. Antonio Abate, protettore degli animali, insieme a delle figure floreali. Lateralmente, oltre ai medaglioni (specchi) con le indicazioni sia del costruttore e decoratore (fratelli Mancini fu Luigi di Potenza Picena), anno di costruzione (1930), e proprietario-committente (Galassi Domenico), ci sono figure femminili (pupe) e floreali. Dietro al biroccio, sul cassone, una figura giovanile e raffigurazioni floreali.
I birocci, trainati da mucche, venivano usati sia per il carico e il trasporto del materiale agricolo, che come mezzo per lo spostamento delle persone. Inoltre debitamente aggiogati (abbelliti) a festa, venivano utilizzati anche durante le cerimonie civili e religiose.
I birocci, al pari dei carri e delle carrozze, come mezzi di trasporto venivano tassati nello Stato Pontificio, quindi anche a Monte Santo, per finanziare la manutenzione delle strade.
Il biroccio, usato nel lavoro dei campi, spesso era motivo di incidenti, anche gravi, per coloro che lo usavano nelle loro attività agricole. Era tradizione popolare quando l’incidente sul lavoro non causava gravi danni ai contadini e alle contadine, dedicare alla Madonna un ex voto religioso per grazia ricevuta.
Negli ex voto venivano quindi raffigurati anche i birocci, oggetto degli incidenti, ed in particolare li troviamo in molti di quelli che venivano conservati all’interno della Chiesa della Madonna delle Grazie di Potenza Picena (ora custoditi nella Collegiata di S. Stefano). Una delle più belle testimonianze artistiche e religiose di questa tradizione popolare è sicuramente rappresentata dall’ex voto del 1936 dedicato alla Madonna delle Grazie da parte della sig.ra Stella Tartabini di Potenza Picena, opera eseguita dal prof. Giuseppe Asciutti.
Il biroccio costruito nel 1930 dai fratelli Mancini per conto di Galassi Domenico è un peccato che rimanga chiuso in un garage. Tutti dovrebbero vederlo ed in particolare i ragazzi e le ragazze delle Scuole del Comune di Potenza Picena ed i tanti turisti che frequentano la nostra città e il mare nel periodo estivo. Perchè non concedere alla sig.ra Giuliana Giustozzi da parte del comune di Potenza Picena un locale dove poterlo esporre, consentendo a tutti di ammirarlo?
Documenti allegati:
- Il Biroccio Marchigiano – C Angeletti.pdf “I quaderni della vergara” Il biroccio marchigiano, a cura del prof.Cesare Angeletti di Porto Potenza Picena. Appunti per gli incontri dell’Università della terza età. Per gentile concessione dell’autore.
Io, il sig. Alfonso Mancini me lo ricodo che aveva il suo laboratorio sotto casa,appena entravi dalla porta Girola a sinistra per andare verso le monachette e io mi soffermavo tanto a vederlo lavorare proprio sui “Birocci”,perche’ il lavoro che faceva mi incuriosiva molto. Io abitavo con mia zia Lina (Pescetti-Belluccini)proprio all’inizio delle scalette, mia zia aveva un frantoio per le olive,appena li sotto c’era Apollo con Mari’ che ferrava i cavalli e lavorava il ferro ed aggiustava aratri. La giornata ci volava via,anche perche’ si andava a fare gli “spi” per le mura, per i focaracci, altro che andare in palestra (che non c’era ) o a balletto come ai giorni d’oggi!
La strada é stata la nostra seconda casa, poi vicino al sig. Alfonso c’era un’altro falegname (che poi sono partiti tutti per l’Argentina,ma non mi ricordo i nomi) e piu’ avanti c’era Milena che vendeva stoffe e filati, ancor un pochetto piu’ avanti la famiglia Asciutti, che vendeva terraglie e vicino i due parrucchieri “Baciccia & Serafi” ed piu’ avanti Sandro che anche lui vendeva articoli di regalo e tanti altri negozietti; quella strada era viva, quando passavi la sentivi che “respirava”, forse ho svagato un po’ ma mi sono fatto prendere la mano e dal cuore. Che bei ricordi che ho del mio paese natio!!!!!!ciao Paolo Buon Natale!
Grazie per il tuo intervento ed auguri anche a te di buon Natale, Proseguendo le nostre ricerche storiche sui personaggi di Potenza Picena, ci accorgiamo sempre di più che la nostra realtà, la nostra stessa storia economica e sociale, affonda le proprie radici in una solida tradizione artigiana, fatta di veri e propri artisti, che hanno saputo dare al lavoro un valore culturale elevato.
Di questa tradizione la famiglia Mancini (Catillo), veri artisti nel costruire e dipingere i birocci, erano sicuramente tra i rappresentanti più importanti.
Porta Girola, o Marina, lo Trebbio (o Trivio), costituiva senza alcun dubbio il luogo privilegiato di quella parte di centro storico che rappresentava meglio l’anima pulsante di quella economia artigianale e commerciale tradizionale.
Facocchi, falegnami, fabbri, friscoli, barbieri, piccoli negozi di terraglie e stoffe, articoli da regalo.
Era una realtà viva, come gran parte del Centro Storico. Oggi tutto è cambiato. Il Centro Storico sta morendo lentamente. Scompaiono quasi tutte le attività artigianali, i piccoli negozi, gli abitanti stessi. Rimangono solo anziani a presidiare la nostra memoria storica, il centro storico, che è anche l’anima di una comunità.
Molti dicono che questo è il prezzo da pagare alla modernità, al benessere. Noi crediamo invece che sia il segno di una grande povertà di valori, dove addirittura si rischia di perdere la memoria della nostra cultura e della nostra tradizione. Noi invece cerchiamo di recuperarla e valorizzarla.